Il mio ultimo viaggio mi ha portato a Shiv Ratri, la notte di Shiva a Chidambaram in Tamil Nadu.
Shiv Ratri è la notte in cui migliaia di seguaci shivaiti cantano e ballano ininterrottamente come tarantolati, notte interminabile che vede due albe e un tramonto.
Il tempio pullula di brahmini giovanissimi con le loro vesti bianche e i pochi capelli raccolti nello chignon sulla testa rasata. Pellegrini, giunti da ogni parte dell’India, con le loro mani giunte a scodella brandiscono manciate di riso, burro chiarificato, ghirlande di fiori, noci di cocco, banane e sventolano banconote al cielo. Ma soprattutto offrono foglie di bilwa (pianta medica molto diffusa in India del sud) a Lord Shiva, il dio distruttore.Tutto questo via vai assomiglia più a una fiera di paese che a un tempio. La gente rumoreggia, ride, chiacchiera, prega senza sosta e ad alta voce. Altri brahmini celebrano cerimonie private per qualche famiglia, altri leggono e cantano sottovoce assorti nella loro dimensione interiore. Mazzi di fiori da cinque rupie sui banchi all’ingresso del tempio; banchi profumati su cui spopolano coloratissimi dolci caramellati ricolmi di miele e zucchero, mandorle e spezie: in India i mercanti stanno nel tempio e nessuno li caccia.
Poco più in là, i volontari del tempio distribuiscono ciotole di lenticchie e riso bollito, gratuitamente, perché il cibo è comunione, perché attraverso il cibo si celebrano le divinità, omaggiandole per renderle partecipi della nostra abbondanza, quasi a volerci vendicare nei confronti della vita a volte troppo cinica e noncurante come un caterpillar.
Ovunque in India la religione è parte della vita di tutti i giorni e i riti vengono vissuti senza timore reverenziale, con totale partecipazione di grandi e piccoli.
Pregare non è molto diverso da mangiare, lavorare, dormire. Pregare è puro istinto: bisogno primordiale.
Bivaccano per ore, chiacchierando o meditando gli uomini dell’India antica-moderna con i luminosi kurta pijama. Coloratissimi saree avvolgono fianchi di donne dalle lunghe capigliature, ingioiellate, con la riga ben disegnata, che cingono amorevolmente tra le braccia da madonne, bambini appena addormentati.Le campane risuonano, è il momento, la moltitudine si sposta tutta insieme verso il sancta santorum travolgendo la mia instabilità di occidentale, sia fisica (in quanto al centro di una bolgia che si muove insieme e io non ne sono capace) che spirituale (incapace di nutrirmi di qualcosa che non capisco davvero fino in fondo).
Mi travolgono, mi spintonano e mi invitano a seguire la corrente. Quasi ordinatamente, con grazia e piccoli dondolii del capo, mi sommergono fino a farmi scomparire e obbligandomi ad essere parte della folla che si muove tutta insieme a mani giunte, dentro alla stessa nenia figlia dello stesso rito.
Ci provo anch’io. Ci riesco. Cammino con gli indiani in un tripudio di sorrisi, corpi sudati appiccicati a corpi sudati e mi unisco alle note degli inni sacri anche se non so cosa sto cantando. Infine appare un piccolissimo oggetto di cristallo, uno shivalingam, alto non più di 10 centimetri: l’oggetto sacro della venerazione.
L’essenza del nostro essere qui. Piccolo amuleto che smuove masse di fedeli. Gambe di un popolo intero.
Un sacerdote se ne prende amorevolmente cura come fosse un bambino fragile. Tutto attorno, nell’ombra della sera che cala sul tempio di Shiva Nataraja a Chidambaram, dopo aver ricevuto la benedizione, tutti riprendono a fare ciò che facevano prima: mangiano, pregano, chiacchierano, cantano, dormono, giocano.
In India si va al tempio come ad una scampagnata; non c’è nulla di blasfemo in questo, anzi, c’è tutta la vicinanza tra un popolo e le sue divinità, il suo modo di concepirle e di venerarle, la capacità infinita di prendere forza dal rito collettivo e farne vita concreta. Partecipare.
Il sole è appena tramontato… entrano in fila indiana le devadasi (ballerine del tempio), sale la musica del tamburo, i musici gonfiano le guance sulle trombe. Nella notte di Shiva si muovono sinuose figure a onorare la sua danza: quella che tutto crea, quella che tutto distrugge.
Comincia la danza senza sosta che andrà avanti fino al mattino. È la notte di Shiv Ratri a Chidambaram e sembra la Notte della Taranta!
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