Nell’immaginario collettivo il Vietnam è spesso visto come un sovrappopolato Paese del Terzo Mondo asiatico, costantemente flagellato da un impietoso clima monsonico e con ancora ben visibili le cicatrici del conflitto con gli Stati Uniti di circa 40 anni fa.
Chi ha voglia di superare i luoghi comuni su questo Paese, spesso veicolati da una cinematografia ormai sorpassata, si sorprenderà a scoprire un Vietnam giovane, dinamico, brulicante di umanità, ma anche efficiente ed organizzato, dove modernità e tradizione, progresso e sostenibilità cercano la strada per coesistere.
Più di altre nazioni asiatiche, il Vietnam sta percorrendo la sua via per coniugare modelli economici occidentali, forte presenza statale di stampo socialista ed infine quella filosofia di vita tipicamente asiatica che fonde buddismo e confucianesimo e si manifesta in un approccio sereno e leggero alla quotidianità. Un aspetto in cui è ben evidente l’unicità dell’approccio vietnamita ad un fenomeno tipicamente occidentale è la crescita della cultura birricola nel Paese.
Originariamente introdotta dai francesi durante gli anni della loro amministrazione coloniale, la birra si è diffusa rapidamente in Vietnam a partire dal XIX secolo, ma in una versione più adatta al gusto e alle tasche locali: cioè un filo più gassata e meno fermentata (cioè meno alcolica) di quella che veniva fortemente luppolata in Europa per meglio resistere al lungo viaggio via nave in barili di legno fino all’estremo Oriente.
Tuttora la versione della bevanda più diffusa in Vietnam è la “bia hơi”, una lager molto leggera (circa 3% di gradi alcolici) prodotta quotidianamente in maniera artigianale e, dopo la fermentazione e maturazione, distribuita presso bar e localini lungo le strade in barili di metallo, da cui viene spillata a prezzi popolarissimi. La bia hơi, letteralmente “bia=birra hơi=gasata”, si trova diffusamente agli angoli delle stradine del quartiere antico “Old Quarter” di Ha Noi, per esempio, ed accompagna piacevolmente gli stuzzichini dello street food serale.
Al mattino i fusti lasciano i birrifici (o il cortile di qualche piccola impresa casalinga) legati al retro di uno scooter e arrivano presto a destinazione in città, pronti per essere consumati in giornata: non contengono infatti conservanti e la birra non viene sottoposta a processi di pastorizzazione.
La sua freschezza e leggerezza, oltre ad un prezzo molto popolare, la rendono anche perfetta per allietare la pausa pranzo di impiegati e politici che affollano il ristorante Ngoc Ha Bia Hoi di Ha Noi, un biergarten ombreggiato situato a due passi dal Mausoleo di Ho Chi Minh: qui tra semplici tavolate in legno e seggiole di plastica sfrecciano camerieri carichi di caraffe in plastica riempite fino all’orlo di bia hơi appena spillata.
Un altro fenomeno di origine europea ed americana che i vietnamiti hanno saputo declinare e personalizzare in modo creativo è quello della birra artigianale. Saigon è la città all’avanguardia in questo campo, ma non mancano esempi interessanti anche nel resto del Paese e specialmente nella capitale Hanoi.
Nel capoluogo meridionale spiccano alcuni birrifici che hanno saputo coniugare la produzione classica di birra artigianale (cioè su base locale, con acqua del posto e con l’ausilio di attrezzature non su scala industriale) con la ricerca di sapori creativi, e abbinamenti fantasiosi, tipicamente asiatici.
La via di Saigon in cui ha sede conferisce il nome al birrificio Pasteur Street Brewing Co. le cui produzioni d’eccellenza sono la “Passion Fruit Wheat Ale”, una birra al frumento dal gusto agrodolce conferito dal frutto della passione e la “Jasmine IPA”, una birra riccamente luppolata e tipicamente amara, ma con un retrogusto unico al gelsomino; l’East West Brewing Co. già nel nome evidenzia la sua principale caratteristica, cioè l’incontro della tradizione birricola occidentale con sapori e ingredienti orientali: ne sono un esempio la “Saigon rosé”, una birra fresca, agrumata, dai sentori floreali e dal colore delicatamente rosato e la “East West Pale Ale”, una birra ad alta fermentazione dallo stile tipicamente britannico qui arricchita da note al lime e scorza di agrumi.
Infine, l’Heart of Darkness non solo condivide con i suoi micro birrifici fratelli l’origine “saigonese” e la disponibilità di un caratteristico locale presso cui degustare le sue produzioni accompagnandole a piatti della cucina locale, ma soprattutto la scelta di ingredienti di qualità e originali per le proprie mescite di birra: ne sono buoni esempi la “Primeval Forest Pilsner”, una birra avvolta intorno alle fragranze di uva spina e lime, ideale per le lunghe e calde serate dell’estate vietnamita, oppure la “Loose Rivet New England IPA”, una birra che intriga all’olfatto per i suoi aromi di ananas e mandarino e poi inebria il palato con i suoi sapori tropicali che mischiano lime, guava e pomelo.
Sempre più frequentemente in Vietnam è possibile trovare ristoranti e bar che, a fianco delle classiche birre industriali come Tiger e Heineken, propongono alle proprie spine le miscele di micro birrifici locali come i suddetti East West, Pasteur Street e Heart of Darkness: sono da citare Tap House, Mai Fish e Mango Mango a Hoi An.
In quest’ultimo servono una birra che è la quintessenza della capacità vietnamita di raccogliere un’idea proveniente da un contesto culturale occidentale, farla propria e poi rielaborarla in stile asiatico: si tratta di una britannicissima “pale ale”, arricchita da un leggero retrogusto al mango e stravolta con l’aggiunta direttamente nel bicchiere di un peperoncino fresco.
Il risultato, per chi non teme i sapori strani, è davvero strepitoso!
Il viaggiatore appassionato di gastronomia ora può integrare la propria lista di esperienze culinarie da non perdere durante la propria visita del Vietnam: oltre ad abbuffarsi di ciotole di gustosissima zuppa “phở” e sorseggiare bicchieri di robusto caffè locale “cà phê”, ottenuto per sgocciolamento, non potrà farsi mancare qualche pinta di rinfrescante “bia” artigianale vietnamita.
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