E’ ancora buio quando chiudo senza far rumore la porta della mia camera, scendo le scale che conducono alla lobby e raggiungo il cortile davanti all’ingresso dell’albergo. L’orologio indica le ore 4.45, nell’aria frizzante della notte birmana scruto il vialetto vuoto e silenzioso in attesa che qualcuno venga a recuperarmi.Passano pochi minuti ed ecco avvicinarsi le luci di un pulmino, prendo posto su una panca in legno di radica insieme a qualche altro assonnato visitatore e dopo un paio di soste in altrettanti alberghi giungo in un ampio prato alla periferia di Bagan, cittadina situata nella Birmania centrale, famosa per il suo sito archeologico protetto dall’Unesco.
Vengo affidato ad un pilota inglese insieme ad un gruppetto di una dozzina circa di altre persone, Peter ci raduna in uno spazio ben delimitato nei pressi del cestino della nostra mongolfiera: nulla è lasciato al caso, si capisce immediatamente che una buona parte dell’importante spesa erogata per vivere questa esperienza è destinata alla sicurezza e alla professionalità di piloti esperti, provenienti soprattutto da Gran Bretagna e Australia.
Parlo di cestino, ma in realtà la base della mongolfiera che giace sdraiata su un lato è piuttosto grande, in grado di contenere tra 8 e 16 persone oltre al pilota e a 2 grosse bombole di gas; anche il pallone, a cui è legato da un complicato intreccio di fili e corde, è molto ampio, già lo si intuisce vedendolo a terra mentre un gruppetto di ragazzi dello staff si prodigano a distenderlo.
Dopo un dettagliato briefing in inglese su posizione a bordo durante la partenza, su sorvolo e atterraggio, nonché sulle varie procedure di sicurezza ed emergenza, mi gusto una tazza di tè caldo e qualche biscotto mentre assisto alla preparazione della mongolfiera.
I voli avvengono solo durante la stagione secca, sempre per ragioni di sicurezza non vengono effettuati quando la Birmania è soggetta a clima monsonico (cioè prevalentemente in estate), pertanto l’aria prima dell’alba è ancora fresca durante le fasi preparatorie del pallone: l’aria viene immessa alla base inizialmente con grossi ventilatori e poi gradualmente scaldata dalle fiamme emesse dalle grosse bombole inserite nel cesto, finché poco alla volta la mongolfiera si gonfia e assume una posizione verticale.
Questa fase iniziale avviene a pochi metri di distanza da dove sto sorseggiando il tè ed è particolarmente interessante: innanzitutto, perché non ho mai visto prima un pallone di tali dimensioni riempirsi d’aria calda fino al punto di librarsi nel cielo; in secondo luogo, mi piace osservare lo spettacolo delle fiammate color arancione che scaturiscono dalle bombole di tutti i palloni radunati in questo prato: illuminano la notte come guizzanti lingue di fuoco, mentre pian piano l’orizzonte comincia a schiarirsi alle prime luci dell’alba.
L’emozione cresce a dismisura quando Peter dà il segnale di salire a bordo e subito dopo maneggia le leve per una generosa sfiammata che fa staccare la cesta dal prato sottostante, mentre i ragazzi dello staff salutano con la mano e sorridono augurando buon volo.
Bagan è famosa in Asia per la sua immensa piana archeologica, un’area pianeggiante punteggiata da una miriade di stupa in mattoni di ogni forma e dimensione: più di duemila monumenti ancora integri e altrettanti in rovina a causa dell’età e dei terremoti, fatti edificare a partire dall’XI secolo dal re Anawrahta che, una volta divenuto convinto sostenitore della disciplina buddista Theravada, diede inizio ad un programma di grandi costruzioni a sostegno della nuova religione.
Il sorvolo in mongolfiera mi suscita un crescendo di sensazioni positive e mi gusto appieno ogni istante: il pallone che si innalza senza fretta nel cielo, le luci dell’alba che rischiarano l’aria e la spennellano di sfumature colorate, le ombre della notte che sotto di me lasciano spazio ai raggi del sole, le pagode ed i templi di Bagan che lentamente escono dall’oscurità ed abbracciano i colori dorati del giorno nascente.
Il cielo ora è pieno di mongolfiere colorate, ciascuna segue la propria rotta decisa unicamente dal vento e dalle lievi correnti provocate dal sole che scalda la pianura ed asciuga la rugiada notturna dal terreno, disperdendo la leggera nebbiolina che vela i campi.
Peter resta in contatto radio con lo staff a terra e descrive ai suoi ragazzi il tragitto orientandosi a vista con i punti di riferimento che il paesaggio offre: uno stupa dalla forma inconfondibile, una strada, un albergo, il fiume, una risaia, un campo coltivato, un filare di palme.
Il nostro pilota fa scendere la mongolfiera fino a quasi sfiorare la cima di alcuni alberi, i contadini che nel frattempo si sono recati al lavoro nei poderi sorridono mentre tranquillizzano i bufali innervositi da queste ombre giganti che scivolano silenziose sopra le loro teste.
Poi con un paio di fiammate riprende quota e la prospettiva sul panorama cambia nuovamente, il mio dito non smette di torturare il pulsante di scatto della macchina fotografica e meno male che ho portato in viaggio un paio di memory card di riserva perché ne sto consumando una intera solo stamattina…!
Dopo un’ora abbondante trascorsa nei cieli di Bagan, Peter dà il segnale dell’atterraggio (“landing position!!”), assumo la posizione accovacciata che ci hanno mostrato prima della partenza ed il cestino rimbalza dolcemente sul terreno un paio di volte prima di fermarsi definitivamente nel mezzo di un campo, nella campagna alla periferia meridionale di Bagan.
Arrivano i ragazzi dello staff con il pulmino dalle panche in legno di radica e con un camioncino su cui caricano rapidamente il pallone ed il cesto.
Peter si presta a qualche foto ricordo, consegna il certificato di volo autografato, prezioso souvenir di questa esperienza davvero unica e indica il banchetto su cui lo staff ha predisposto qualche cibaria ed i calici riempiti di champagne.
Un rapido brindisi ed eccomi sulla strada che riconduce in albergo, arrivo giusto in tempo per incontrare gli ospiti che, freschi e riposati, stanno terminando la prima colazione: mi guardano e capisco dalle loro occhiate curiose che vorrebbero sapere il motivo delle mie occhiaie e soprattutto di quel sorrisone soddisfatto che non riesco a togliermi dal volto.
Lascia un commento