Più che di vulcani o di montagne, la tentazione di raccontare del resto del nostro viaggio è stata forte perché in fin dei conti stiamo parlando del Giappone, un paese che agli occhi di noi europei è decisamente ricco di sorprese e di contraddizioni, ma che invece ha saputo trovare un equilibrio tra la sua millenaria tradizione ed il fatto di essere la seconda potenza mondiale in campo economico.
Così per Tokyo si possono incontrare eleganti signore in Kimono e manager in giacca e cravatta oppure in pochi metri coesistono uno dei più suggestivi e vecchi santuari di tutto il Giappone ed il quartiere di Shinjuku regno incontrastato di grattacieli, business e tecnologia.
Questo ed altro abbiamo raccolto nelle due settimane che abbiamo vissuto letteralmente on the road dormendo spesso anche in auto ai lati delle autostrade o nei piazzali dei centri commerciali, passando dal caotico traffico di Tokyo e dintorni alle più tranquille strade di montagna dello Hokkaido.
Abbiamo potuto apprezzare la disponibilità e la gentilezza dei giapponesi nell’aiutarci a superare gli inevitabili problemi causati da un linguaggio e da una scrittura così diversa dalla nostra.
Per conto nostro con un certo entusiasmo abbiamo cercato, almeno in parte, di adeguarci ai loro usi: dalla fila composta sui marciapiedi di treni o metrò, al mangiare il pesce crudo (sushi) o immergersi nelle acque calde termali (onsen) all’aperto e magari sotto una bella nevicata.
Ma noi siamo andati in Giappone soprattutto per continuare il nostro pellegrinare lungo The Ring Of Fire (l’anello di fuoco) per salire con gli sci i vulcani che circondano l’Oceano Pacifico e di questo racconteremo.
Siamo partiti conoscendo solo dei nomi scaricati da Internet, niente relazioni o guide, solo la cartina stradale nello zaino e questo ha dato poi un sapore particolare ad alcune salite specialmente nella prima parte del viaggio che si è svolta nell’isola di Hokkaido.
Le preoccupazioni di trovare anche qui la penuria di neve che ha contraddistinto la stagione alpina 2004/2005 si sono subito dissipati, tanta neve anche a livello del mare; abbiamo infilato così una settimana fantastica, avevamo l’obiettivo di salire tre vulcani ma siamo andati oltre: in sei giorni cinque salite, neve ottima, unica nota stonata il tempo mai particolarmente bello e soprattutto il vento sempre molto forte che ha irrigidito di molto le temperature.
Dislivelli umani, dagli 800 ai 1600 m, e discese su pendii costanti, che poi sono la caratteristica principale di un vulcano, oltre che la sensazione di solitudine poiché la pratica dello scialpinismo non è molto sviluppata e la salita a piedi è molto vincolata dalla neve e dalle condizioni meteorologiche.
La mattina successiva al nostro arrivo proprio a pochi Km dall’aeroporto di Sapporo abbiamo salito l’Eniwa-Dake (1320 m) con la cima coperta dai classici cavolfiori di neve come in un paesaggio patagonico e con l’odore dello zolfo che ci entra nel naso e che per un attimo ci proietta, come in una sorte di deja vu, l’immagine di altre nostre salite in altre parti del mondo.
Con il nostro 4WD siamo poi scesi più a sud obiettivo lo Yotei-San (1898 m) un vulcano con il classico grande cono di oltre 1600 m di dislivello; abbiamo scelto il versante meridionale per la salita accompagnati da un vento tempestoso con temperature veramente glaciali che ha reso inutilizzabili le macchine fotografiche, che comunque sarebbero state di poco aiuto per documentare il nostro arrivo in cima dato che la visibilità era zero.
Dicono che dalla cima si veda l’oceano ed altri vulcani insomma un bel paesaggio, noi ci ricordiamo solo di una bella neve che abbiamo particolarmente gustato in discesa e con la beffa che il nostro arrivo alla macchina è stato salutato con la dissipazione completa di tutte le nuvole in cielo.
Ci siamo spostati poi nella zona centrale dell’Hokkaido e precisamente nel Daisetsuzan National Park, il più grande di tutto il Giappone, costituito da diversi gruppi montani e da vulcani oltre che dalle immancabili sorgenti calde.
Famoso e frequentatissimo in estate per i suoi trekking, in primavera è molto tranquillo, non ci sono problemi per trovare da dormire e non c’è nemmeno ressa nelle onsen che all’aperto sono vere e proprie buche scavate nella neve.
Qui il paesaggio cambia radicalmente rispetto alla zona meridionale, al posto di radi boschi di betulle ci sono vere e proprie foreste e le caratteristiche della catena montuosa diventa a noi più familiare.
I solitari villaggi termali diventano così una buona base di partenza per le salite al Sandan-Yama (1748 m), al Tokachi-Dake (2077 m) ed al Asahi-Dake (2290 m) la montagna più alta dell’isola che ci ha regalato una bella discesa su ottimi pendii, il diradarsi della nebbia ci ha permesso poi di scodinzolare attorno a grossi buchi che sbuffavano colonne di una decina di metri di vapore puzzolente.
Niente al confronto comunque del Tokachi-Dake che è un vulcano attivissimo ed il cui cratere alzava nuvole impressionanti di fumo ed il cui sordo boato ci ha tenuto compagnia, si fa per dire, per tutta la giornata; seduti poco comodamente sulla cima, sferzata da un freddissimo e violento vento, guardando in basso ci siamo immaginati la trasformazione del fondovalle all’inizio dell’estate quando la neve si scioglie e lascia il posto a idilliaci prati di papaveri e di lavanda.
Ma siamo ancora in primavera e una abbondante nevicata ci ha consigliato di levare le tende e volare 1000 Km più a sud a Tokyo, per quello che è stato il vero obiettivo del viaggio, il vulcano più famoso: il Fuji-San.
L’impatto con il traffico della capitale è stato veramente duro con file interminabili di auto e con l’immagine di autostrade e della ferrovia che si sovrappongono negli spazi lasciati liberi dai grattacieli entrando ed uscendo da tunnel artificiali.
Di notte arriviamo a Yoshida una delle città ai piedi del vulcano, se non fosse per le scritte in giapponese si potrebbe pensare ad una classica cittadina americana con la main street circondata da ristoranti, hotel e sale da gioco.
La raccolta di informazioni non può che incominciare dalla visita al visitor center dove però ci sconsigliano vivamente la salita in questa stagione e per fortuna abbiamo nascosto la nostra intenzione di usare gli sci perché è vietato.
Nel giro di pochi minuti siamo circondati da turisti (giapponesi), questa montagna è il simbolo stesso del Giappone tanto che d’estate una media di 300 persone al giorno sale in vetta, per molti è una sorta di pellegrinaggio.
Con la macchina sfruttando una strada asfaltata a pagamento, e non proprio a buon mercato, si può arrivare in questa stagione alla quarta stazione a circa 2000 m, poi ci sono ancora 6 Km da fare con gli sci in spalla per arrivare alla quinta stazione dove troviamo la neve.
Sci ai piedi alla fine di un lunghissimo diagonale (2 Km) si arriva al grande canale che scende dalla vetta; le condizioni della neve sono strepitose perché la nevicata caduta nei giorni precedenti se da un lato obbliga a battere la pista dall’altra ha coperto il ghiaccio e ci ha permesso una salita sicura e diretta con gli sci al traino.
Mentre saliamo abbiamo tempo di guardarci in giro, sulla cresta nord-est, battuto da un forte vento, si intravede il sentiero estivo, che sale con innumerevoli zig-zag, ed i molti ricoveri che danno riparo nelle comunque fredde notti estive e infine sullo sfondo i laghi di Fuji Go-Ko.
L’arrivo in cima sostanzialmente ricalca l’Hokkaido, vento freddissimo e soprattutto nebbia per cui solo a tratti riusciamo ad intravedere il fondo del cratere, ci sono volute 6 ore per arrivare in cima, e l’oscurità potrebbe essere un problema, così senza neanche il tempo di tirare il fiato ci buttiamo a rotta di collo in discesa, per fortuna la neve tiene bene e ci regala una superba sciata.
Per concludere la giornata rimane comunque la monotonia degli ultimi Km a piedi, solo parzialmente attenuata da un bel tramonto, e il convincere gli addetti della strada a farci scendere sebbene quest’ultima sia formalmente chiusa da tre ore.
La vacanza non finirà qui, tenteremo altre salite nel distretto di Nagano, ma la fortuna è finita ed il brutto tempo ci fermerà a pochi metri dalla cima del Norikura-Dake (3026 m) e poi c’è sempre la visita a Tokyo un must per chi viaggia in questa terra.
Alcune considerazioni sul Giappone le abbiamo già fatte crediamo però che la più importante sia proprio che mai come in questo luogo ci siamo sentiti gaijin (stranieri) e forse per questo il viaggio ha acquistato un sapore particolare e noi di questo ne siamo particolarmente felici.
Testi e foto di: Antonio Curtabbi e Anderis Giovanni
1 Commento
Complimenti! un bellissimo articolo e altrettanto le foto. Mi tornano freschi in mente e nel cuore questi luoghi fantastici e le giornate indimenticabili con sci e tavole assieme agli amici del Mancini Store durante la nostra avventura ad Hokkaido e dintorni lo scorso inverno!