Alle Canarie la Riserva della Biosfera Unesco tra vulcani, arte e spiagge.
Lanzarote è l’isola più nord-orientale delle Canarie, la più vicina alle coste africane.E’ soprannominata “l’isla diferente” e mai soprannome fu più azzeccato.
I suoi paesaggi , incontaminati e unici, devono la loro peculiarità a una delle più lunghe eruzioni vulcaniche che la storia ricordi.
Nel 1730, infatti, il Timanfaya esplose. L’eruzione durò per sei anni. Lava, lapilli e cenere si riversarono sull’isola, modificandone profondamente l’aspetto e modellandone la superficie.
E’ stata proprio quell’inarrestabile e violenta manifestazione naturale a trasformare Lanzarote e a regalarci un angolo di mondo spettacolare, selvaggio e incontaminato.
E’ allora facile capire perché Lanzarote offre molto di più di una rilassante vacanza al mare.
Numerosi, facili e ben tenuti sentieri danno la possibilità di inoltrarsi in surreali paesaggi vulcanici.
A partire da quelli che attraversano il Parco Nazionale di Timanfaya.
Tra decine di coni vulcanici si cammina sul materiale piroclastico, lasciandosi catturare dall’atmosfera lunare.
La presenza umana è nulla. Il silenzio totale. Solo vento e colori. Colori violenti come le esplosioni che li hanno portati alla luce. I colori dei minerali: neri, grigi, rossi, gialli, marroni, verdi.
Contrasti aspri, solo qua e là incredibilmente addolciti da qualche muschio, qualche lichene e qualche fiore che, come le ginestre di leopardiana memoria, sfidano questo terreno bruciato e arso e regalano un tocco di delicata gracilità. Il contrasto cromatico è ancora più spettacolare nei punti in cui, poco distante, all’orizzonte, spuntano gli azzurri e i blu cobalto dell’oceano.
Gli stessi colori caratterizzano anche gli altri parchi dell’isola e gli altri percorsi.
Dal Parco Nazionale dei Vulcani al Monte Corona, dal massiccio de Los Ajaches alla Montana Colorada. Ogni luogo tuttavia ha la sua peculiarità e, anche se la lava domina incontrastata, ogni angolo di quest’isola sa stupire. Così, per esempio, salendo nel punto più alto (651 mt.), a Penas del Chache, lungo il percorso si possono osservare numerose piante endemiche e, scendendo verso il villaggio di Haria, si resta affascinati dalla valle delle 1000 palme. Per provare l’ebrezza di calarsi nelle viscere della terra basta andare alla Cueva de Los Verdes.
E’ una grotta creata dall’eruzione, avvenuta 5000 anni fa, del Monte Corona. Due chilometri di gallerie di lava sovrapposte, dove le conformazioni e le solidificazioni magmatiche si alternano a lagune e creano paesaggi contorti e magici, esaltati da un’illuminazione molto particolare.
E a bocca aperta si resta anche calandosi nel vicino Jameos del Agua.
I Jameos sono tunnel vulcanici verticali il cui soffitto è crollato, creando cavità aperte. Questo è parzialmente collassato e ha permesso la formazione di un laghetto dove vivono dei piccoli granchi bianchi e ciechi.
Altro posto spettacolare è El Golfo. Qui un lato di un cono vulcanico in parte sommerso è stato eroso dall’acqua dell’oceano dando origine a una laguna color smeraldo adagiata su una spiaggia nera e circondata, sul lato opposto del mare, da alte falesie policrome.
Se la natura a Lanzarote ha giocato un ruolo importante per regalarci spettacolari visioni, non va dimenticato che anche l’uomo, qui, si è mostrato all’altezza.
Gli abitanti dell’isola infatti hanno saputo e voluto trasformare il dramma vissuto nel XVIII secolo in un’opportunità, creando un paesaggio, laddove urbanizzato o coltivato, estremamente gradevole.
Non per caso, nel 1993, l’isola è stata dichiarata dall’Unesco Riserva della Biosfera. La perfetta simbiosi tra uomo e natura ha trovato un padre spirituale in Cesar Manrique.
L’impronta del poliedrico artista (Arrecife, 1919-1992) ha lasciato un segno indelebile su tutto il territorio. Al di là delle opere in sé, stupefacenti esempi di fusione tra arte e natura, sono state le sue idee architettoniche a regolare lo sviluppo urbanistico.
Così, per esempio, le case di tutti i centri abitati, sono bianche e alte al massimo due piani (esclusi gli hotel). E i villaggi e le cittadine sono davvero belli e ordinati e, soprattutto quelli in riva all’oceano, aggiungono un’ulteriore suggestione ai contrasti cromatici dell’isola.
Lanzarote vanta anche una tradizione vitivinicola importante. Soprattutto nella zona centrale (dove sono previsti percorsi per visitare le bodegas, cioè le aziende e le cantine vinicole) il paesaggio si arricchisce e diventa ancora più unico.
Per proteggerla dal vento, ogni vite infatti viene fatta crescere in una specie di pozzo protetto da un semicerchio di pietra. Le piante sono direttamente nel terreno che però è ricoperto dalla cenere lavica per trattenere l’umidità della rugiada. Ultimo, ma non per importanza, vale la pena di ricordare che a Lanzarote le spiagge sono bellissime e varie per colore e consistenza. Accanto a quelle di origine vulcanica, quelle formate dalla dorata e fine sabbia del Sahara.
Le papas arrugadas, letteralmente “patate rugose”. Sono patate novelle cotte con la buccia in acqua molto salata, in modo che si ricoprano di un croccante strato di sale. Sono servite con il mojo, una salsa piccante o verde (a base di coriandolo e prezzemolo) o rojo (più piccante con il peperoncino).
Le Saline del Janubio, le più antiche, le più produttive dell’isola e le più grandi delle Canarie.
Vasche geometriche che sembrano la tavolozza di un pittore. Colori tenui, sfumature rosate e violette che riflettono il cielo. Playa Quemada un bianco villaggio di pescatori sulla spiaggia nera di roccia vulcanica. Un angolino solitario, poco turistico, dove si mangia dell’ottimo pesce nelle trattorie sul mare.
L’Isla de la Graciosa con la sua natura incontaminata, le sue dune, le sue colline vulcaniche, le sue spiagge bianche e un mare da far invidia alle Maldive.
Un piccolo Paradiso lontano da tutto, dove non ci sono veicoli a motore. Due piccoli villaggi di pescatori con le strade ricoperte di sabbia. Vale la pena di salire su uno dei coni vulcanici per ammirare il panorama a 360 gradi. E poi, naturalmente, scendere per tuffarsi nelle acque color smeraldo.
Si raggiunge con mezz’ora di traghetto da Orzola, all’estremo Nord di Lanzarote.
La casa-museo di Cesar Manrique. Le opere dell’artista sono diffuse su tutta l’isola, basti pensare al diavoletto simbolo del Parco Timanfaya o alle numerose sculture mobili e variopinte che segnano i principali incroci stradali. Ma la sua ex abitazione, ora trasformata in Fondazione e Museo, è davvero imperdibile.
Costruita su una colata lavica solidificata, combina il bianco al nero.
Gli interni, su più piani, si fondono nella roccia e dalle numerose vetrate spuntano i fiori e i cactus dei giardini, in mezzo a piscine e giochi d’acqua, con sullo sfondo i vulcani.
Difficile da descrivere e da dimenticare.
Il Jardin de Cactus, un’altra opera di Manrique, che ha trasformato una cava abbandonata in un gioiello botanico. Più di 10 mila cactus, 1450 specie, posizionati su gradoni digradanti dominati da un mulino a vento perfettamente ristrutturato.
Il terreno anche qui è ricoperto di cenere lavica, da dove spuntano incredibili fioriture di tutti i colori e cactus dalle forme più improbabili.
1 Commento
CI SONO STATO TANTI ANNI FA’ E’ STRAORDINARIA E’ L’UNICA ISOLA DELLE CANARIE AD AVERE I CAMMELLI ,SI MANGIA E SI BEVE BENE LA CONSIGLIO A TUTTI ISALA FAVOLOSA E MOLTO NATURALE