E’ morto lo scorso dicembre l’ultimo re del Mustang. Conosciuto come Jigme Palbar Bista, era nato nel 1930 ed era diventato re nel 1964. In realtà, dal 2008, quando in Nepal è stata abolita la monarchia e il Paese himalayano è diventato una Repubblica, aveva perso ufficialmente la sua carica. Tuttavia i suoi sudditi non hanno mai cessato di riconoscerlo come sovrano e lo hanno amato e rispettato fino alla fine dei suoi giorni.
Il Mustang, o Regno di Lo, è una delle regioni più misteriose e affascinanti del Nepal. Chiuso agli stranieri fino al 1992, era considerato un Regno Proibito. Comprende la vallata del Kali-Gandaki e il suo nome deriva da Mun Tang, che in tibetano significa pianura fertile. Lo invece, sempre in tibetano, vuol dire meridione.
Per lunghi secoli regno indipendente, il Mustang è infatti per cultura ed etnia tibetano. E proprio il suo re, nei drammatici anni sessanta, ha sostenuto la resistenza dei fieri guerrieri Khampa contro l’occupazione del Tibet da parte dei cinesi. Jigme Palbar Bista ha condotto una vita normale e si è dedicato con grande impegno alla conservazione delle tradizioni culturali e sociali del suo regno.
Disponibile con la sua gente, non disdegnava di incontrare anche i visitatori stranieri, che riceveva offrendo un tè nel suo vecchio palazzo reale a Lo Manthang, la capitale del Mustang. Anche un nostro gruppo di trekkers, guidati da Antonio Curtabbi, qualche anno fa, ha avuto il piacere di essere ricevuto dal sovrano.
“Lo ricordo come una persona semplice – dice Antonio Curtabbi – profondamente legata al suo Paese. In quegli anni in Mustang si poteva andare solo a piedi. Non c’erano vie di comunicazione e visitare quei luoghi voleva dire fare un salto nel passato.
Mi auguro che la sua morte non acceleri il processo di modernizzazione di questo regno che, anche grazie a una nuova strada in costruzione, sta diventando sempre più accessibile, con i pro e i contro che questo comporta. Spero davvero che gli abitanti di Lo, anche per onorare la memoria del loro amato re, sappiano proseguire nella sua opera di tutela e salvaguardia di quella che resta una delle ultime regioni autenticamente buddiste dell’Himalaya”.
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