Una nebbia bagnata, densa, mi avvolge mentre i colori dell’arcobaleno sono tutti intorno a me.
Il frastuono è impressionante. Il battello si avvicina alle cascate, arriva quasi sotto.
La fantasia permette di intravvedere, dietro la massa d’acqua impressionante, l’ingresso della caverna dimora di He-No.
Lelawala, una bella e giovane indiana, pur di non sposare l’uomo impostole da suo padre, decise di sacrificare se stessa al suo vero amore, fuggendo con la sua canoa lungo l’impetuosa corrente del fiume.
Proprio mentre precipitava dal bordo della cascata, He-No, la raccolse e, narra la leggenda, i due, uniti per l’eternità, vivono ancora lì. Lui è il Dio Tuono, lei la Dama della nebbia e le cascate sono le più grandi al mondo, quelle del Niagara.
E’ proprio lo spettacolare ferro di cavallo che le forma a darmi il benvenuto in Canada, un Paese che coniuga la modernità delle sue città a spazi incontaminati, dove la natura è la sola protagonista.
Vale la pena di visitarle queste metropoli di vetro e acciaio, con i loro grattacieli sotto i quali grandi spazi verdi ospitano scoiattoli curiosi e i palazzi storici sono la sede delle istituzioni.
Bella Montreal, con il suo incredibile sistema di collegamenti sotterranei che consentono agli abitanti di spostarsi anche durante i gelidi inverni sferzati dal blizzard.
E addirittura incantevole la francofona Quebec, sulle rive del San Lorenzo, con le sue mura (le uniche ancora esistenti in insediamenti a nord del Messico) che cingono il centro storico, dichiarato patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, dominato dal Chateau Frontenac, un imponente edificio, ora hotel, costruito con elementi architettonici medioevali e rinascimentali.
Ma basta uscire pochi chilometri dagli agglomerati urbani per trovarsi immersi in paesaggi fiabeschi.
E’ il caso delle “Mille isole”, nel Lago Ontario. Sono più di 1800 in realtà gli isolotti di varie dimensioni che è possibile osservare navigandovi intorno. Alcune sono davvero piccoli, giusto lo spazio di una casetta colorata, su altri più sontuosi, ci sono piccoli manieri o grandi ville.
Anche questi erano luoghi conosciuti e abitati dai nativi, che non a caso avevano battezzato questo posto “Il Giardino del Grande Spirito”. Ancora più spettacolare è la navigazione lungo la foce del San Lorenzo.
A Tadoussac ci si imbarca per crociere più o meno lunghe. E’ possibile anche usare un piccolo gommone.
Tra fiordi e foreste fittissime si va alla ricerche dei cetacei, tra i quali il raro beluga, che qui è davvero facile avvistare.
Lo ricordo ancora che seguiva la nostra barca, forse per mostrare la sua candida livrea. Se la costa orientale del Canada è già in grado di offrire emozioni, non c’è dubbio che la zona centrale è un paradiso per gli amanti della natura.
Con un volo raggiungiamo Alberta, la provincia famosa per i suoi Parchi. Fiumi, laghi, foreste, cascate, ghiacciai si alternano sotto la cornice delle imponenti Montagne Rocciose che accompagnano il visitatore con le loro conformazioni spettacolari e le ripide pareti che si perdono in un orizzonte di cielo blu e nuvoloni ora bianchi, ora scuri e carichi di pioggia.
Percorriamo le strade, tutte in ottimo stato e molto attrezzate, che uniscono i piccoli paesi che sorgono all’interno dei Parchi. Andiamo piano, e per fortuna.
Dopo pochi chilometri, proprio sul ciglio della carreggiata abbiamo la possibilità di ammirare una mamma orsa e i suoi due piccoli che stanno raggiungendo trotterellando il greto del fiume per bere.
Sarà il primo di una serie d’innumerevoli incontri con la fauna locale: alci, bufali, aquile, procioni, cervidi. Restano gli orsi, comunque, la maggiore attrazione di questo territorio selvaggio.
Ricordo ancora le istruzioni che trovavo nelle camere degli alberghi che spiegavano come comportarsi in caso d’incontro con questi plantigradi… per fortuna, non ho dovuto fingermi morta per non farmi assalire… Di questi parchi poi, non dimenticherò i tantissimi laghi e laghetti.
Il Maligne, per esempio. Un nome che incute timore, con il suo “Spirit Island”, un piccolo isolotto sul quale una decina di abeti fanno da dimora a un leggendario spirito. O il Peyto Lake, il lago “camaleonte”, che cambia colore a seconda del tempo. O il Lake Moraine, proprio sotto ad un ghiacciaio, color turchese, solcato da coloratissime canoe gialle e rosse.
A proposito di ghiacciai, è divertente salire con enormi gatti delle nevi su quello di Athabasca, da cui si gode un panorama mozzafiato.
La strada prosegue in direzione Est. Banff e Jasper, gli accoglienti e tranquilli paesi all’interno dei Parchi sono alle spalle. Valichiamo il Roger Pass per raggiungere la British Columbia e visitare la modernissima Vancouver.
Mentre attraversiamo lo stretto di Georgia per raggiungere Victoria, la capitale e la più antica città della provincia, che sorge su un’isola, un gruppo di orche si fa intravvedere a prua del nostro traghetto.
A Victoria ci perdiamo negli incantevoli giardini botanici di Butchart, mentre a Duncan possiamo ammirare alcuni totem, unica vestigia rimasta dei nativi americani. Onestamente, è uno spettacolo che non mi piace.
Preferisco pensare a quelli che durante la mia infanzia chiamavo “indiani” in un’altra situazione. Li vedo negli spazi infiniti che ho lasciato alle mie spalle, nelle immense valli sotto le Montagne Rocciose, con le loro canoe, i loro cavalli, nelle loro tende.
Mentre liberi e fieri vivevano in un mondo migliore, dove la natura e la madre terra erano venerati e rispettati perché bene comune al di sopra di ogni altro interesse. Tempo passato, tempo che non puo’ tornare. Io invece, in Canada, ci voglio tornare.
Voglio spingermi più a Nord, per visitare luoghi ancora meno antropizzati. Dove gli orsi bianchi e i grizzlies vivono come un tempo gli “indiani”, liberi e fieri, in spazi infiniti.
Fino a che c’è tempo.
Fino a che anche a loro non venga fatta fare la fine dei nativi americani.
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