“Con mucho gusto”. I colombiani, se li ringrazi per qualcosa, qualsiasi cosa, non rispondono “prego”. Rispondono “con molto piacere”. Basterebbe forse questo piccolo esempio per descrivere un popolo che con la sua ospitalità, la sua cordialità, la sua gentilezza, la sua allegria accoglie i visitatori in un modo unico e li accompagna alla scoperta delle meraviglie del proprio Paese.
Un Paese ricco di storia, di natura, di cultura. Un Paese che sa sorprendere non solo per quello che offre, ma anche e soprattutto per come propone le sue ricchezze.
A partire da quelle della capitale, Bogotà. Vivace e caotica, sorge a 2600 mt di altitudine, su un altopiano ai piedi della Cordillera Oriental.
Dal Cerro Monserrate, raggiungibile con una teleferica, è possibile ammirare la sua ampia planimetria a scacchiera suddivisa in zone e quartieri.
Alle spalle di piazza Bolivar, dove sorgono gli edifici del potere e la Cattedrale, il Barrio de la Candelaria, con le sue ripidissime stradine contornate da basse e coloratissime case coloniali.
E’ qui che si può respirare l’atmosfera più autentica della città, lontani dalla modernità dei quartieri più nuovi, dove un traffico congestionato soffoca i grattacieli di acciaio e vetro dei quartieri nuovi, quelli commerciali e residenziali.
Bogotà è una città multietnica, vivacissima dal punto di vista culturale, tanto da essere stata dichiarata dall’Unesco capitale mondiale del libro.
Oltre ai teatri, ai caffè letterari, ai cinema, alle gallerie d’arte l’Atene del Sud-America, come è stata soprannominata, offre ai suoi visitatori moltissimi musei. Primo fra tutti quello dell’Oro, la più straordinaria e ben organizzata collezione al mondo di gioielli ed oggetti pre-colombiani.
Lungo un percorso affascinante ci si perde tra manufatti aurei di incredibile bellezza e si scoprono gli usi e i costumi dei popoli che hanno abitato questo Paese prima dell’arrivo del cosiddetti conquistatori.
Etnie diverse per lingua e cultura, per lo più scomparse misteriosamente, che ci hanno lasciato però testimonianze della loro esistenza, anche se forse c’è ancora molto da scoprire. Basti pensare che per molti studiosi, la mitica El Dorado, la città dell’oro, sarebbe proprio qui, in Colombia.
E proprio al museo è possibile osservare uno degli oggetti che ha dato origine alla leggenda: la Balsa Muisca. E’ il modellino di un una zattera d’oro che riproduce una delle tradizioni della civiltà Muisca.
Il capo di quel popolo, lo Zipa, dopo essersi ricoperto il corpo di oro, saliva sulla barca e nella laguna Guatavita offriva tesori agli dei gettandoli sul fondo del lago sacro.
Guardando questo manufatto, collocato al centro di una sala buia, che brilla per la finezza della lavorazione, ci si perde nel mito.
Ci si trova calati in un mondo esoterico e misterioso, la cui ultima propaggine è conservata nell’estremo nord della Colombia, su una montagna sacra, nella Sierra Nevada de Santa Marta.
Qui si sono rifugiati, nel XVI secolo per scappare dagli spagnoli, gli ultimi discendenti di quelle civiltà, conservando e tramandando le loro ataviche tradizioni e la loro cultura. La zona è ora Parco Nazionale e la tribù è protetta da leggi statali. Ma è possibile visitarli, facendo un trekking nella foresta, per conoscere i loro riti, la loro spiritualità, il loro modo di vivere.
E forse anche per imparare qualcosa visto che, come è ben spiegato nel museo, questa popolazione vive in simbiosi con la Madre Terra che rispetta e venera. A Bogotà vale assolutamente la pena di visitare anche un altro Museo, quello creato grazie a una donazione che l’artista colombiano Fernando Botero ha fatto al Banco della Repubblica, dando così origine a quella che è considerata una delle maggiori collezioni di arte internazionale dell’America latina. Oltre ai quadri e alle sculture dello stesso Botero infatti, è possibile ammirare opere di altri grandi come Picasso, Dali, Renoir, Chagall, De Chirico, Mirò, solo per citarne alcuni.
Lasciamo la città in direzione Nord. Imbottigliati nel traffico, osserviamo gli autobus del Transmilenio che, sulle loro corsie preferenziali, sfrecciano trasportando migliaia e migliaia di pendolari ogni giorno.
E’ un servizio di trasporto veloce, nato nel 2000, per supplire alla mancanza della metropolitana.
Collega varie zone della metropoli e consente di spostarsi in modo abbastanza veloce.
Superati gli ultimi quartieri residenziali, i palazzoni lasciano il posto a centinaia di serre, dentro le quali si coltivano i fiori, in particolare le rose, di cui la Colombia è il secondo produttore al mondo dopo l’Olanda. Raggiungiamo il paese di Zipaquirà dove si viene per visitare quella che è considerata la prima Meraviglia della Colombia: la Cattedrale di Sale.
E qui l’emozione prende il sopravvento. Si entra in un tunnel che si cala nelle viscere di una miniera di sale (la zona da secoli è famosa per questa produzione che ancora oggi fornisce il 40% delle risorse nazionali).
La galleria, in leggera pendenza, ricostruisce la Via Crucis. La soffusa musica sacra e la delicata ma spettacolare illuminazione contribuiscono ad esaltare le sensazioni. A ogni stazione corrisponde una Croce di sale, ora concava, ora in rilievo. Continuiamo il suggestivo percorso fino a che giungiamo nella vera e propria Cattedrale.
Lunga 75 metri e situata a 190 metri di profondità è uno spazio in cui la spiritualità si respira e in cui tutto è simbolo. L’ampia cupola, le colonne, le sculture che riproducono anche la “creazione dell’Uomo” di Michelangelo, il presepe, l’altare e soprattutto l’enorme Croce di 16 metri. Per costruire questo originale capolavoro sono state rimosse 250 mila tonnellate di sale.
Il silenzio mistico della Cattedrale di Sale è già alle spalle quando atterriamo all’aeroporto di Pereira.
All’uscita del piccolo scalo, sorridenti ragazze in abito tradizionale ci abbracciano e ci offrono una tazzina di caffè. E’ il divertente e ospitale modo dei colombiani per dare il benvenuto nello “Eje Cafetero”, la zona in cui si produce il famoso caffè, considerato tra i migliori del mondo per aroma e qualità.
Tre dipartimenti (Risaralda, Quindio e Caldas) in cui armoniosi pendii sono ricoperti dagli alberelli del prezioso prodotto, intervallati qua e là da piantagioni di banane e platano.
Qui il caffè si coltiva, si lavora, si respira. Tutto ruota intorno ad esso e i Cafeteros, orgogliosi e fieri del loro lavoro, accolgono i turisti nelle loro fincas (aziende agricole) dove in modo spiritoso e allegro raccontano la storia del prodotto, la fatica del loro lavoro, le leggende ad esso legate e gli aneddoti nati intorno al fuoco, alla sera, in tempi passati, quando la tv e internet non esistevano.
E’ divertente vestirsi con gli abiti d’epoca dei Cafeteros e condividere per un giorno la vita di questi uomini e di queste donne.
Così come è bello passeggiare nelle piazze e nelle stradine degli accoglienti pueblos della zona, come Filandia. Con le casette antiche fatte di canna intrecciata e fango, i cui muri sono dipinti con colori sgargianti che rendono tutto più vivace, più allegro, insomma più colombiano.
Fermarsi a bere un caffè, manco a dirlo, e mentre ancora il gusto forte e aromatico della bevanda persiste nelle papille gustative, comprare gli oggetti dell’artigianato locale, anche questi in buona parte fatti di chicchi di caffè (sempre manco a dirlo…). La zona però offre anche altre attrattive.
Come lo splendido Giardino Botanico del Quindio arricchito da un Mariposario abitato da 1500 farfalle di 50 specie diverse. E’ un’immersione nella natura selvaggia, con i suoi odori, i suoi colori, i suoi suoni. Passeggiando tra alberi secolari di oltre 600 specie, miracolosamente preservati, si resta incantati a guardare i colibrì che in volo succhiano il nettare dei variopinti fiori su cui si posano anche eleganti ed enormi farfalle.
Ma sempre in questa zona della Colombia c’è un altro luogo che merita assolutamente una visita. E’ la Valle di Cocora. Vicina a Salento, segue il corso superiore del fiume Quindìo, tra i 1800 e i 2400 metri di altitudine.
E’ un paesaggio fatato, spesso avvolto da nuvole basse che rendono ancora più suggestiva l’atmosfera.
Un paesaggio unico perché i verdissimi prati che ricoprono le montagne sono cosparsi, oltre che della vegetazione tipicamente alpina, di Palme di cera (ceroxylon quindiuense), l’albero simbolo della Colombia.
Alte anche 60 metri, hanno un tronco sottilissimo e spesso sulla loro cima nidifica un pappagallo autoctono.
Qui è possibile fare rilassanti e spettacolari passeggiate (anche a cavallo) su bei sentieri, tra pascoli in cui ruminano le mucche, godendosi uno spettacolo davvero unico.
E poi, perché no, assaporare le gustose trote allevate lungo il fiume e cucinate nei ristorantini e nelle posadas della valle. Tornando a Salento, lo sguardo cade su una collinetta panoramica dove sorge una fattoria immersa nel verde.
E’ la Posada Alemana, del narcotrafficante Carlos Ledher Rivas, tra i fondatori del tristemente noto “cartello di Medellin”, e militante delle altrettanto note Farc, un’organizzazione di guerriglieri.
Come ben si sa, la Colombia è stata per decenni una meta pericolosa e per questo non considerata dal turismo internazionale.
Adesso però pare proprio che il Paese abbia voltato pagina. E quella Posada non è che la testimonianza di un passato ormai molto lontano.
Ora la Colombia è un Paese giovane, allegro, ricco di biodiversità, pieno di opportunità. Insomma un Paese con molto futuro, come ama dire il suo Presidente Santos.
Un Paese che vale la pena di visitare non solo per la sua bellezza, la sua ricca storia e le varietà naturalistiche e culturali che offre, ma anche e soprattutto per la simpatia e l’ospitalità dei popoli che lo compongono.
Con “mucho gusto”, naturalmente.
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