Nelle terre estreme. La strada sterrata dritta, la pianura monotona e infinita, un cielo ingombro di nubi sontuose come uno scenario barocco e all’orizzonte il nastro azzurro della cordigliera.
Ecco la Patagonia, un luogo estremo e senza misura dove perdersi.
Benvenuti alla fin del mundo.
Ushuaia è la porta della Patagonia. È la città più australe del mondo e sorge sulle rive del Canale di Beagle. Le montagne innevate che incombono sull’abitato e l’atmosfera limpidissima possono evocare la Norvegia, ma la ragnatela selvaggia dei cavi elettrici, le strade e i marciapiedi pieni di buche, le case mai terminate e già decrepite ci ricordano che questo angolo apparentemente boreale si trova in realtà in Sud America ed è la capitale di una delle terre più sconvolgenti del pianeta.
La Patagonia è un immenso vuoto, migliaia di chilometri di nulla: erba e cielo.
Allo scrittore francese Blaise Cendrars questa regione evocava un’immensa tristezza.
Per Bruce Chatwin, autore del fortunatissimo In Patagonia, era invece un paese affollato da un’umanità meticcia e stravagante, che in questi scenari apocalittici conduceva una vita stentata.
La Patagonia è un luogo dove perdersi: nell’immensità delle sue praterie, sulle calotte dello Hielo Sur o nel labirinto degli arcipelaghi della terra del Fuoco. Non ci sono mezze misure quaggiù, tutto è estremo, violento, assurdo.
A Magellano, che per primo navigò lungo queste coste, anche gli abitanti parevano giganti. Li chiamò infatti patagoni, che vuol dire «piedoni». Il cronista Antonio Pigafetta rincarò la dose, ipotizzando improbabili altezze di 9-12 piedi: di un patagone riferisce che era «così alto che abbiamo raggiunto soltanto la sua cintola».
Ma la Patagonia è anche un luogo di cruda violenza. La colonizzazione dei bianchi si compì solo dopo il 1870, ma segnò la fine delle etnie che risiedevano intorno a Ushuaia da 6500 anni. Dei 3500 indigeni del 1886, in gran parte yamana e onas, nel 1916 ne restavano 300.
Al museo salesiano di Punta Arenas, in cui sono conservate molte immagini scattate dal mitico padre De Agostini durante le sue esplorazioni, è esposta una raccapricciante foto di Julius Popper, un avventuriero senza scrupoli che a nome degli estancieros portò a termine un vero e proprio genocidio degli indigeni.
La sensazione di vuoto è confermata dai numeri: 900 mila chilometri quadrati, abitati solo da un milione e 700 mila persone: la popolazione di Milano, spalmata però su un territorio sconfinato fino a raggiungere una densità media di 2,21 abitanti per chilometro.
Le Ande costituiscono lo scheletro di questa lunghissima penisola divisa tra Cile e Argentina: una spalmata di bianco all’orizzonte, che accompagna il viaggiatore per migliaia di chilometri.
I ghiacciai si stendono ondulati sopra gli altipiani. Le calotte patagoniche sono le più vaste del mondo, ovviamente dopo quelle della Groenlandia e dell’Antartide.
Il ghiacciaio Upsala vanta da solo 900 chilometri quadrati di superficie e termina nel Lago Argentino con un fronte di 10 chilometri, che cade con falesie azzurre e verdi alte fino a 80 metri.
E poi ci sono gli animali, che vantano concentrazioni impressionanti nella Penisola di Valdes e in Terra del Fuoco.
Sulle praterie ingiallite pascolano branchi di guanachi, eleganti gazzelle giganti che i locali cacciavano a cavallo utilizzando le bolas, mentre nel cielo incrociano solenni i condor dalle ali maculate di bianco.
Le colonie dei pinguini di Magellano si affollano sulle spiagge, riparandosi dal vento sempre impetuoso nelle buche ricavate fra la rada vegetazione.
Lungo le scogliere prendono il sole gli elefanti marini con i loro piccoli, pronti a gettarsi in acqua all’avvicinarsi di un pericolo.
E poi ci sono le orche e le balene australi: si avvistano abbastanza comunemente in questi mari lividi, che da Capo Horn si increspano tempestosi per oltre 800 km fino alla Penisola Antartica.
L’estrema punta del continente americano esplode negli arcipelaghi della Terra del Fuoco.
Qui la cordigliera delle Ande, che per migliaia di chilometri corre da nord a sud, muta direzione e si dispone lungo la linea dei paralleli, assumendo il nome di Cordigliera Darwin.
Il mare verdastro è invaso di blocchi di ghiaccio, che galleggiano come frammenti di polistirolo alla deriva. Inoltrandosi nei senos, il ghiaccio galleggiante si fa compatto e si avanza a fatica, cercando i passaggi con lunghi giri fra i tempanos.
L’acqua è ricoperta da un insidioso tappeto grigiastro, in cui i blocchi più grossi spiccano come piccole isole. Le seraccate sono gigantesche e rovinose. Sono fiorite di seracchi, come fossero mostruosi cavolfiori da cui, proviene la gelida discarica galleggiante sul mare.
Di colpo un sole aranciato riesce a forare la coltre violacea delle nubi. Allora il ghiaccio si incendia e prende a bruciare come metallo fuso.
Capo Horn, il Cabo de Hornos degli spagnoli, è stato dichiarato nel giugno del 2005 Riserva della biosfera dell’Unesco. Costituisce l’estrema propaggine del Sud-America ed è un mito per chiunque navighi a vela o a motore.
Oggi sulla sommità di queste rocce tempestose che dividono l’Atalantico dal Pacifico è stato eretto un monumento, che rappresenta un àlbatro: 120 tonnellate di metallo capaci di resistere a venti fino a 200 km all’ora.
Capo Horn viene raggiunto da un paio di piccole navi delle Cruceros Australes, che, mare permettendo, sbarcano i turisti con gli Zodiac.
A condurre a termine la prima esplorazione delle coste della Patagonia fu Magellano, che nel 1520 scoprì la Terra del Fuoco e lo stretto che unisce l’Atlantico al Pacifico, al quale sarebbe stato attribuito il suo nome. Italiano era il cronista che tramandò ai posteri la spedizione: Antonio da Pigafetta.
In età moderna le più famose spedizioni in queste regioni furono condotte a termine dal capitano Robert Fitz Roy. Nel 1826 scoprì il Canale di Beagle, dal nome della sua nave, e condusse in Inghilterra quattro abitanti degli arcipelaghi fuegini.
Fondamentale per la storia della scienza la successiva spedizione dal 1831 al 1836, alla quale partecipò il naturalista Charles Darwin, l’inventore della Teoria dell’evoluzione delle specie.
La Terra del Fuoco, così chiamata per l’incendio che vi videro avvampare i primi scopritori.
È una selvaggia regione di ghiacciai e montagne, scavate dal mare, che ha ricavato dei fiordi, detti localmente senos.
Il Fitz Roy e il Cerro Torre sono da molti giudicate fra le più belle montagne del mondo.
Si levano altissimi, quasi irreali contro il loro bagliore di ghiacci. Soprattutto il Torre sembra esile come un fiammifero e se ne sta piantato nel nulla, improbabile e verticale come un’antenna sull’immensa pianura patagonica.
Le Torri del Paine, tutelate fino dal 1959 da una delle aree protette del Cile, nel 1978 sono state dichiarate dall’Unesco riserva della biosfera.
Sono strane dolomiti andine, che si incidono nell’azzurro, specchiandosi nelle numerose lagune che si stendono ai loro piedi.
Il Parco Nazionale Los Glaciares, con le fotografatissime falesie del Perito Moreno, 300 chilometri quadrati di ghiacciaio, che riservano alcune fra le più sconvolgenti apparizioni di alta montagna accessibili ai normali turisti.
12 Commenti
L’autore dell’articolo e stato magnificamente di grande successo nel descrivere accuratamente tutti i luoghi percorsi da diversi esploratori e navigatori e specialmente da Fernando Magellano, il navigatore più famoso e soprattutto per la scoperta dei tre continenti: America latina, Africa con il Mozambico, Angola e Guinea Bissau e capo verde, in fine in Asia, scoprendo le Filippine nel 1521. Insomma, con una natura mozzafiato di questi luoghi, sicuramente apriranno molti speranze ai turisti che desiderano pulirsi i polmoni con boccate d’aria più fresca e soprattutto più sana e senza smog.
stupendo
Affascinante………..infinito
Era un antico sogno andare in Patagonia , non ho mai visitato una terra che mi provocasse così tante emozioni nella sua solitaria immensità. Un viaggio sicuramente da fare capace di evocarti sensazioni così particolari e forti. Una natura eccezionale di cui si è parte infinitesimale, rimane il rimpianto di non avere fatto più escursioni oltre le solite.
Vorrei ritornare per andare sulle Ande. Quando sono partita avevo dentro me la stessa struggente malinconia di quando da adolescente lasciavi l’amore estivo. Interessante molto la parte storica nei musei di Ushuaia grande rimpianto non aver potuto fare l escursione in elicottero per il cattivo tempo. Un viaggio da fare assolutamente.
Un viaggio che ti avvolge e conquista in ogni singolo momento. Concordiamo con te. UNICO!! 😉
Ho avuto la fortuna di fare la Ruta 40 facendo 12.000 km per raggiungere Ushuaia…partendo dalla Aconcagua e giù fino in fondo. con mio fratello, non abbiamo tralasciato nulla, dal mare alle alte montagne, dai vulcani alla scalata su ghiaccio e poi sempre alla ricerca degli animali… bellissimo! Un viaggio nel viaggio! spazzi infiniti, diversi, unici! non dimenticate la foresta pietrificata, unica e incantevole.
Hai ragione Gabriele un viaggio nel viaggio. Mitica la Ruta 40 😉
Davvero illuminante. La descrizione dell’autore è ben curata e cattura in modo prepotente l’immaginazione. Finalmente qualche articolo web ben curato e fatto con passione. Grazie
Grazie Giulio per i complimenti. Buona lettura 😉
Ciao a tutti io sono nato lì e ne vado fiero, unico.
Ho fatto questo viaggio poco piu’ di dieci anni fa. Ho ancora nel cuore tutte immagini raccontate nell’articolo. Al giornalista dico”sei stato proprio bravo”
Tommaso Natale
Grazie Tommaso 😉