Oggi, chi torni da un viaggio emozionante, avverte struggente la nostalgia per le giornate intense che ha vissuto. Diversa la nostalgia che ha accompagnato i viaggiatori in età premoderna.
A causa della lentezza dei trasferimenti, erano costretti a prolungate e tutt’altro che piacevoli separazioni dalle persone e dai luoghi amati A coniare la parola nostalgia fu nel 1688 uno studente di Medicina, Johannes Hofer, che la utilizzò per descrivere il disagio dei mercenari svizzeri al servizio del re di Francia Luigi XIV. Lontani per anni dalla loro terra, erano dolorosamente posseduti dal desiderium patriae.

Si giunse al punto che, per prevenire le diserzioni dei soldati vittime dello Heimweh, venne deciso di proibire il Ranz des vaches, il canto spesso accompagnato dal corno delle Alpi, originariamente utilizzato dai mandriani svizzeri per richiamare gli animali al pascolo. Chi vuole, lo può ascoltare nell’ouverture del Guglielmo Tell di Rossini.

«Home! Sweet Home!» è l’esclamazione della popolare canzone inglese del XIX secolo, che conclude il ritornello ribadendo: «There’s no place like home!». Tale era la suggestione del motivo, che ai tempi della Guerra civile anche i comandi militari americani furono costretti a proibire la canzone, in quanto il ricordo del focolare domestico avrebbe potuto incoraggiare le diserzioni.

Nella letteratura italiana la più famosa menzione della nostalgia del viaggiatore lontano da casa si trova nell’VIII canto del Purgatorio, dove Dante evoca la malinconia serale dei marinai: «Era già l’ora che volge il disio / ai navicanti e ’ntenerisce il core».
Franco Brevini

Ha scritto una quarantina di libri pubblicati dai maggiori editori, insegna all’università, è editorialista del Corriere della sera, ha scalato migliaia di cime sulle Alpi e fuori, ha viaggiato ai quattro angoli del mondo. Ed è amico di Earth Viaggi.
Franco Brevini inizia la sua collaborazione con il nostro sito, dove alternerà i suoi racconti sui viaggi che ha compiuto a riflessioni sul muoversi nel mondo ieri e oggi.
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