Per una donna un viaggio in Iran inizia prima di prendere l’aereo, ancor prima del check-in, praticamente appena hai confermato la prenotazione e consegnato le copie del passaporto e fototessera. Ecco proprio in questo momento inizia l’ansia del “cosa mi porto”.
Velo in testa, collo, caviglie e polsi coperti e vestiti ampi che coprano le forme. Gli uomini la fanno semplice, per loro il problema non si pone, ma in pratica non ho nulla di così goffo, leggero ma coprente.
Inizia quindi la ricerca spasmodica fra gli armadi della mamma, marito, amiche e perfino quello della suocera.
Mi ritrovo a chiudere il mio bagaglio, di soli 10 kg, con un pot pourri di camicione, copricostumi che adatterò con leggings, magliette a maniche lunghe e foulard di vario tipo, colore e misura che non staranno mai sopra la mia testa, se non con assurde mollette.
Alla domanda “Parti? Dove vai di bello?” Ti senti spesso controbattere con le solite battute: “Iran?? Con tutti i bei paesi del mondo, proprio lì devi andare?” e poi “Ma è sicuro? Non è in guerra?”
Mi ripeto, non ti curar di loro ma guarda e… parti!!
Ed eccoci a Teheran, con un foulard affrancato con 2 forcine ai capelli, a comprendere come si vive oggi in una megalopoli iraniana.
Traffico e smog mi richiamano una città indiana senza sonoro. In una sola giornata riesci ad avere giusto un assaggio della parte Sud-est della città con il bel complesso di Golestan, molto verde ed animato.
Ciò che più mi ha colpito sono indubbiamente le giovani iraniane: ti fermano per strada curiose di sapere da dove arrivi, desiderose di comunicare con te, di farsi un selfie con un’altra donna proveniente da quella civiltà a cui forse, nel loro intimo, parzialmente anelano.
Solo dopo una settimana ho capito che, tolto l’obbligo del velo, sono indipendenti ed autonome proprio come noi: spesso ricoprono posti economicamente più importanti degli uomini, studiano fino all’università, sono madri, mogli, amanti, divorziate che guidano con il cellulare in mano, proprio come noi.
In uno dei migliori 5 stelle dell’Iran, mi fermano nella hall due bimbi, vestiti da ometti in miniatura.
Mi chiedono subito da dove vengo e il tempo di rispondere, il più grande si allontana e ritorna con un vassoio di pasticcini: è il suo dodicesimo compleanno e sta festeggiando in hotel con la famiglia.
Che bell’inclusione questo Iran!
Noto un via vai di persone molto eleganti, mi “imbuco” in un portone per ritrovarmi fra un centinaio di uomini che festeggiano. Mille sguardi mi son bastati per sussurrare un semplice “sorry” ed uscire immediatamente da dove sono entrata.
Curiosa come una scimmia riesco a scoprire essere il festeggiamento di un matrimonio.
La sposa è al terzo piano che festeggia con le invitate. Già che ho fatto trenta, decido di far trentuno. Mi imbuco anche lì. In una grande sala riservata, come se fosse una casa privata, mi ritrovo donne con make-up ed outfit occidentali, tacchi a spillo alti, gioielli e dècolletè in bella vista.
In pratica l’unica con il velo in testa e tutta coperta sono io, me ne vado, senza farmi notare.
Per le strade mi inteneriscono gli uomini, molto protettivi con i bambini, molto spesso sono proprio loro che portano in braccio i piccoli, le donne hanno già la borsa da scorrazzare.
Le città che attraverso Isfahan, Yazd, Shiraz sono pulitissime con tanto verde molto curato, giardini e pachi attrezzati; le aiuole sono un caleidoscopio di forme e colori.
Gli iraniani sono buffi, ogni fazzoletto di verde per loro è un costante invito ad un pic-nic con coperta e qualche cosa da mangiare e bere o semplicemente per un sonnellino.
Non c’è un orario o un giorno preciso (certamente di venerdì, la nostra domenica, aumentano) ma ho trovato famiglie con bimbi banchettare tranquillamente alle undici di sera, nel verde di una rotonda.
Vivono le città in tutte le ore, un po’ come gli spagnoli, e ciò che percepisco nell’aria è una piacevole ed inaspettata serenità ed ilarità.
Nei siti archeologici, nella culla dell’antica Persia, troviamo turisti europei ma anche scolaresche, universitarie per lo più; nelle mosche molti iraniani in visita, e nella tomba di Hafez un susseguirsi di scuole materne.
Piccolini di 4/5 anni che ordinatamente, in silenzio e in fila indiana, raggiungono la tomba per recitare all’unisono poesie d’amore (si dice che ogni famiglia conservi in casa una copia del Corano e del Canzoniere di Hafez).
Sopra i magnifici ponti di Isfahan passeggiano anziani, famiglie e ragazzi, come succede nelle “vasche” delle nostre città, sotto i ponti invece si divertono a cantare, sfruttando l’acustica dei porticati (ovviamente non c’è acqua).
Abbiamo preso un pullmino pubblico per visitare la cittadina di Kashan e ci siamo trovati a battere le mani al suono di musica improvvisata da ragazze un po’ sfrontate e decisamente coinvolgenti.
Che spasso questo Iran!
Ci lasciamo tutti contagiare da questo clima rilassato e frizzante e sorrido, anche mentalmente, pensando alle facce incupite di quelli che mi chiedevano cosa andassi a fare in Iran.
Testi e foto: Federica Mauri – Asia e Africa Dept. Earth Cultura e Natura
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