La cucina etnica è piuttosto di moda nel mondo occidentale ed i ristoranti che propongono rivisitazioni più o meno fedeli dei sapori asiatici, mediorientali e latino-americani sono ampiamente diffusi in gran parte delle città europee.
Mentre le gastronomie cinese, indiana, giapponese, messicana sono entrate ampiamente nei nostri gusti, esistono delle tradizioni culinarie che, pur ricchissime e gustose, sono pressoché sconosciute alle nostre latitudini: è il caso della cucina cambogiana.La tradizione culinaria in Cambogia risale a più di mille anni fa, al tempo della civiltà “khmer” che ebbe la sua massima espressione nel regno di Angkor: in quel periodo di grande sviluppo e benessere venne forgiata l’identità della cucina locale che si tramandò poi nei secoli per via orale, da madre a figlia, soprattutto nelle comunità rurali cambogiane fino ad arrivare ai nostri giorni.
Le caratteristiche fondamentali della gastronomia cambogiana sono due: innanzitutto ingredienti freschi e di qualità ed in secondo luogo una varietà sorprendente di sapori. Il clima tropicale della Cambogia, con piogge abbondanti alternate a periodi caldi ed assolati, favoriscono i raccolti agricoli fornendo ai cuochi locali ingredienti sempre freschi, come svariate tipologie di riso, frutta di ogni tipo, abbondante verdura, erbe e spezie.
La tradizione buddista non incentiva l’allevamento intensivo degli animali, ma sono comunque diffusi pollame, carne di bufalo essiccata e soprattutto pesce, sia proveniente dai fiumi Mekong e Tonlé Sap, sia dal mare, sia in forma fresca che sotto sale o anch’esso essiccato.
La seconda caratteristica deriva da una permeabilità della cucina cambogiana alle influenze esterne, che le hanno consentito di abbracciare un’ampia varietà di sapori e di tecniche di preparazione del cibo. Per esempio, dalla Cina ha carpito l’uso del vapore come metodo di cottura, dei “noodles” (una specie di pasta lunga a metà strada tra spaghetti e tagliatelle) come base per molti piatti e della soia come condimento; dall’India ha tratto la capacità di miscelare le spezie (curcuma, zenzero, cardamomo, anice stellato ecc) per insaporire le pietanze; dal periodo coloniale sotto l’amministrazione francese ha tratto l’uso del pane e le tecniche di preparazione di dessert, pasticceria e altri prodotti da forno.
Ai nostri giorni l’offerta gastronomica cambogiana è talmente ampia e di qualità da essere in grado di soddisfare qualsiasi palato, al punto che l’aspetto culinario può tranquillamente essere considerato un valore aggiunto all’esperienza di viaggio in loco.
Dalle bancarelle lungo la strada fino ai più raffinati ristoranti di Siem Reap e Phnom Penh, la scelta di sapori è infinita: si parte dagli insetti, catturati vivi di notte e poi fritti in olio di dubbissima provenienza (larve, cavallette, scorpioni, ragni ecc), si passa ai serpentelli e ai pipistrelli cotti alla griglia nei mercatini rurali, si prosegue in semplici localini all’aperto dove gustare abbondanti insalate con gamberetti, menta e mango o piattoni di “noodles” saltati con pollo, ananas e anacardi, si giunge infine alle tavole eleganti di ristoranti come il Sokkah River o il Chanrey Tree di Siem Reap dove servono squisite pietanze “fusion” come millefoglie alla crema di mango o frittelle di banane ai semi di sesamo o infine uno dei piatti locali più tipici, il pesce in stile “amok” (cioè avvolto in foglie di banano e cotto al vapore con latte e polpa di cocco, oltre ad una miscela di spezie chiamato “kroeung” e servito per esempio in una mezza noce di cocco).
Le migliori bevande con cui accompagnare i piatti cambogiani sono indubbiamente i succhi e le spremute di frutta tropicale locale, sempre fresca e ricca di gusto: mango, lime, frutto della passione, banana, cocco. Anche la birra non manca mai nei ristoranti, nei baretti e nei chioschi cambogiani, ce n’è una certa varietà legata prevalentemente al genere “lager”, cioè chiara, leggera e particolarmente dissetante alle calde temperature tropicali: Angkor Beer, Tiger Beer, Anchor Beer e Cambodia Beer sono spesso servite in boccali estratti direttamente dal freezer o, talvolta, riempiti di grossi cubetti di ghiaccio come amano gli autoctoni.Da qualche anno sta prendendo piede anche qui il fenomeno dei micro birrifici artigianali, in contrapposizione alle birre commerciali prodotte industrialmente in bottiglia o lattina: a Siem Reap gli appassionati non possono mancare una visita al Brew Pub per gustare deliziosi piatti innaffiati da 6 diverse tipologie di birre alla spina.
E per chi sentisse la mancanza del cibo italiano?!!? Alle spalle del National Museum di Angkor, a Siem Reap, c’è un anonimo marciapiede arredato con piccoli tavoli e seggioline in plastica colorata che sembrano a misura di bambola: dal retro di un tuk-tuk (il tipico Ape Piaggio solitamente utilizzato come taxi) trasformato in forno a legna appaiono fragranti pizze che nulla hanno da invidiare a quelle nostrane!
Niang bai (buon appetito)!
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