Uno dei posti in cui siete certi di contrarre il Mal d’Africa, quella cocente nostalgia del continente nero che non vi abbandonerà più per il resto dell’esistenza, questo è la Namibia.
Basta un giro fra i branchi di elefanti, leoni, ghepardi e rinoceronti del Parco Nazionale Etosha. O provate ad avventurarvi tra le dune di sabbia rossa di Sossusvlei nel cuore del deserto di Namib. Senza dimenticare un salto alla Skeleton Coast, forse il luogo più inimmaginabile della Namibia.
Il suo sinistro nome allude all’elevato numero di carcasse di imbarcazioni spiaggiate.
Il vento che soffia dal largo verso terra, le forti onde causate dalla corrente del Benguela, la nebbia assai frequente e il trasporto eolico della sabbia, che forma improvvisi e invisibili banchi sottomarini capricciosamente modellati dalla corrente e difficili da mappare, sono stati all’origine di innumerevoli naufragi.

Perduta la nave, anche se fossero riusciti a raggiungere la terraferma, difficilmente gli sventurati marinai sarebbero riusciti a sopravvivere al deserto della Namibia, che si stende per decine di chilometri verso l’interno. I boscimani la chiamavano «la terra che Dio ha creato con rabbia» e i portoghesi «as arenas do inferno». Oggi si contano oltre un migliaio di relitti, alcuni dei quali ormai lontani dall’acqua, a testimonianza di quanto il deserto sia avanzato.
Poi ci sono il Canyon di Fish River, il secondo più grande al mondo dopo il Grand Canyon, Cap Cross con le migliaia di foche che vi nidificano e le infinite etnie indigene, tra cui gli Himba e i San (i famosi Bushmen).

Ha scritto una quarantina di libri pubblicati dai maggiori editori, insegna all’università, è editorialista del Corriere della sera, ha scalato migliaia di cime sulle Alpi e fuori, ha viaggiato ai quattro angoli del mondo. Ed è amico di Earth Viaggi.
Franco Brevini inizia la sua collaborazione con il nostro sito, dove alternerà i suoi racconti sui viaggi che ha compiuto a riflessioni sul muoversi nel mondo ieri e oggi.
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