«Madre di pietra, spuma di condor / Alta scogliera dell’aurora umana / Pala sperduta nella prima spiaggia».
Con queste parole il poeta cileno Pablo Neruda ricorda l’apparizione delle rovine di Machu Picchu.
La prima idea del Canto generale, il grandioso poema scritto a più riprese e pubblicato nel 1950, era maturata durante un viaggio a Cuzco, quando anche lui aveva intrapreso come molti la salita verso l’«alta città di pietre a scalinata». Fra i capitoli del Canto generale, quello dedicato alle Alturas de Machu Picchu è il più famoso.
Nella grande epopea del poeta cileno si sarebbe potuta scorgere «l’America intera dalle alture di Machu Picchu», dove le lotte degli antichi abitanti delle civiltà precolombiane si legavano alle battaglie dei nostri giorni. E infatti Neruda non dedica i suoi versi allo splendore e alla potenza della società di Machu Picchu, ma all’umile schiavo che aveva pazientemente lavorato ed eretto gli edifici pietra su pietra.
Ridammi lo schiavo che hai seppellito!
Rimuovi dalle terre il duro pane
dell’infelice, mostrami le vesti
del servo, la sua finestra.
Dimmi come dormì quando viveva.
Dimmi se fu il suo sonno
rauco, socchiuso, come un buco nero
scavato dalla fatica sul muro.
La storia americana appare allora contrassegnata da un sigillo di sofferenza, che diventa la cifra della condizione umana: «Anche, anche tu, America sepolta, conservasti nel più profondo, / giù nell’amaro intestino, come un’aquila, la fame?».
Ha scritto una quarantina di libri pubblicati dai maggiori editori, insegna all’università, è editorialista del Corriere della sera, ha scalato migliaia di cime sulle Alpi e fuori, ha viaggiato ai quattro angoli del mondo. Ed è amico di Earth Viaggi.
Franco Brevini inizia la sua collaborazione con il nostro sito, dove alternerà i suoi racconti sui viaggi che ha compiuto a riflessioni sul muoversi nel mondo ieri e oggi.
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