Molti viaggiatori diretti nel Sud Est Asiatico, in Estremo Oriente o in Oceania non disdegnano una sosta a Singapore.
Questa città-Stato rappresenta una tappa ideale per spezzare i lunghi viaggi aerei e, grazie alle sue caratteristiche ed attrazioni, è diventata uno dei luoghi più visitati al mondo. Ciò che attira di questo puntino disperso sul mappamondo tra l’Indonesia e la Malesia è un mix di tanti fattori, frutto di una lunga storia e di un’evoluzione sociale con pochi eguali: Singapore è asiatica, ma con un ordine ed un gusto molto europei; è all’avanguardia negli indici di benessere mondiali e vanta tassi di criminalità quasi inesistenti; è un’isola urbana, ma con una ricchissima vegetazione tropicale, spiagge, giardini ed un clima sempre caldo tutto l’anno; infine è un paradiso per lo shopping, per la gastronomia e per i divertimenti che, dal Gran Premio di Formula 1 fino alle esposizioni artistiche più innovative, passando per i suoi numerosi musei che ne raccontano le vicende storiche, la rendono attraente, creativa e dinamica durante tutto l’anno.
Non è sempre stato così: durante la dominazione portoghese e successivamente quella olandese sulla zona di Malacca, Singapore rappresentava sì un ricco centro nevralgico dei commerci asiatici, ma tra i suoi confini le condizioni di vita erano davvero infime. Malavita, crimini, pessime condizioni igieniche, scontri etnici, malattie, zanzare, animali selvaggi e diffusa dipendenza dall’oppio la rendevano un luogo inospitale e malfamato.
Sir Stamford Raffles approdò a Singapore nel 1819 e trasformò quest’isola paludosa e infestata dalla malaria in una colonia britannica strategica sulle rotte commerciali asiatiche ed un porto franco capace di attirare ondate di lavoratori e mercanti. Come ci mostra il museo Chinatown Heritage Centre, è in questa fase storica che si consolidò la vocazione multietnica e multiculturale di Singapore: Raffles suddivise in quartieri distinti i vari gruppi di immigrati provenienti dall’India, dalla Cina, dalla Malesia, dall’Europa e tuttora è possibile individuare le rispettive comunità di Little India, Chinatown, Kampong Glam, Colonial District.
Il benessere ed il successo della Singapore attuale sono frutto di un’azione politica volta a limitare e a regolare la vocazione un po’ anarchica delle varie comunità etniche presenti sull’isola: i governanti post-indipendenza applicarono severamente leggi e regole, favorirono una rapida industrializzazione, convogliarono risorse economiche nell’edilizia pubblica e residenziale, nel sistema scolastico, nelle infrastrutture, nella sanità, nelle pensioni, nella finanza.
Tutto ciò ha condotto Singapore agli attuali livelli d’eccellenza e ricchezza: oggi, la “città del leone” si presenta infatti come un “lindo” susseguirsi di grattacieli, strade a più corsie, percorsi pedonali, fontane, illuminazioni fantasiose, ristoranti di ogni tipo, alberghi futuristici, opulenti centri commerciali, gallerie d’arte all’avanguardia.
A fianco di questa modernità sempre proiettata al futuro, sono ancora vive e ben visibili le testimonianze del passato storico di Singapore: per esempio, nel tempio Sri Veeramakaliamman di Little India i colpi ritmati sui tamburi, i piedi nudi, le invocazioni dei bramini, la gente addossata l’una all’altra che elargisce offerte alle divinità indù ricordano i riti millenari che tuttora si svolgono nella “big India”.
Il fascino di Singapore (ed il successo del suo modello sociale multietnico e multiculturale) risiede proprio in questa coesistenza di modernità e tradizione, sullo sfondo di un dinamico melting pot, a sua volta plasmato su una ricca miscela di tratti somatici e colori della pelle, una vivace mescolanza di lingue e una pacifica convivenza religiosa tra cristiani, musulmani, buddisti, taoisti e induisti.
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