Fra le montagne della Sierra Maestra oltre mezzo secolo fa Fidel Castro condusse la sua disperata guerriglia contro Batista. Su questa cordigliera dirupata, che si stende per 150 km all’estremità orientale di Cuba, il comandante della rivoluzione resistette per due anni, preparando la vittoriosa marcia verso l’Avana.
«Ogni accesso alla Sierra Maestra» scrisse Fidel «è come il passo delle Termopili, ogni colle diventa un’insidia mortale».Si dice che all’indomani del fortunoso sbarco di Las Coloradas, i barbudos approdati a queste tormentate cime coperte di una vegetazione fittissima fossero solo una dozzina.
Ma nel giro di pochi mesi, grazie alla propaganda fra i campesinos, divennero alcune migliaia e poterono marciare vittoriosi verso la capitale.
«La lotta sulla Sierra» scrisse poi Che Guevara «ci aveva cambiato e ci mise a diretto contatto con una realtà di cui prima parlavamo solo dal punto di vista teorico».
Sulla sierra Fidel e i suoi rimasero dal dicembre 1956 al novembre 1958. Erano solo in 300, ma seppero tenere testa ai 10 mila uomini di Batista: Davide contro Golia.
Eppure la rivoluzione era cominciata male.
A Santiago, la scatenata capitale dell’oriente cubano, fori dei proiettili che sono stati lasciati sulla facciata della caserma Moncada, ricordano un altro episodio cruciale della revolución.
Approfittando del carnevale, il 26 luglio 1953, a cento anni esatti dalla morte del poeta-eroe nazionale Josè Martí, Fidel aveva attaccato pressoché a colpi di machete la guarnita postazione. Fu un bagno di sangue.
Morirono oltre 60 persone, ma solo 6 caddero in battaglia. Le altre furono atrocemente torturate.
Al processo il giovane avvocato pronuncerà la celebre frase: «La storia mi assolverà!».
Da quel drammatico evento sarebbe nata la Cuba moderna.
Amnistiato, Castro ci riproverà tre anni dopo. Acquistò un battello da una coppia di americani, il Granma, e fece rotta su Cuba. A bordo c’era posto solo per una quindicina di persone, ma insieme a Fidel e a Che Guevara erano in 80.
Purtroppo anche qui le cose andarono male e lo sbarco, che avvenne sulla spiaggia Las Coloradas, risultò piuttosto un naufragio.
Oggi una lunga passerella conduce al mare, dove è stato piazzato un cippo con una lapide. La riva paludosa è coperta di mangrovie e l’acqua del Mar dei Caraibi è limpidissima.
I guerriglieri abbandonarono la nave che si era incagliata, ma anche la scialuppa affondò.
Raggiunsero la riva nuotando e avanzarono inciampando fra le mangrovie, le armi sollevate sopra la testa.
La prima sera la trascorsero nella capanna di legno e paglia nascosta fra le palme.
È uno dei luoghi più sacri del popolo cubano. Poco distante, sotto una pensilina è conservata una copia del Granma, che oggi si trova in una teca di vetro al Museo de la Revolución dell’Avana.
Le montagne della Sierra Maestra sono oggi tutelate dal Parco Nacional del Turquino, una riserva di oltre 17 mila ettari creata nel 1995, che prende il nome dalla cima più alta dell’isola: 1972 m.
È la Cuba più intatta ed emozionante, lontanissima dalle spiagge bianche e dagli alberghi di Varadero.
Il governo ha scelto la via dell’ecoturismo e proprio in questi luoghi carichi di memorie già oggi si possono praticare attività come il trekking, qui chiamato senderismo, il birdwatching, le escursioni a cavallo, l’osservazione delle decine di specie endemiche, partecipando anche a programmi di conservazione dell’ambiente.
Non lontano si stendono trecento chilometri di spiagge e cayos tutti da scoprire, oltre i quali Santiago ripropone il suo mito di ciudad rebelde al ritmo del son caraibico.
Il primo accampamento di Fidel, la Meson de Medina, si trova in una povera casa contadina, nascosta tra la vegetazione lussureggiante, su un colle in vista della pianura.
«Per noi fu il luogo più familiare» scrisse il comandante «il più amato, quello dei primi e degli ultimi combattimenti sulla Sierra Maestra».
La Comandancia, il quartier generale, sorge poco distante. Il villaggio è costituito da poche capanne, ma fu il primo nucleo della nuova Cuba. Vi era persino un piccolo tribunale popolare, la baracca degli invitados, gli ospiti, e la stazione di Radio Rebelde.
Poco discosta la casita de Fidel, con il balcone dove il comandante prendeva il caffè, fumando i suoi sigari.
L’Oriente cubano, terra di parchi accanto al più conosciuto Parco Baconao (oltre 10 mila ettari), dichiarato dall’Unesco riserva mondiale della biosfera, l’Oriente cubano offre tre grandi riserve naturali: il Parco Nazionale del Turquino, il Parco della Gran Piedra e il Parco Desembarco del Granma.
Il Parco Nazionale del Turquino. Ospita 15 delle 22 specie endemiche di avifauna catalogate nell’isola, oltre ad alcuni rettili e anfibi, ma il maggior richiamo è costituito dall’ascensione alla vetta più alta dell’isola, che richiede due giorni.
Il Parco della Gran Pietra. Alla periferia di Santiago, si stende su una superficie di 4300 ettari e deve il nome a un gigantesco monolito posto a 1200 m, da cui si scorge la Giamaica.
Nelle vicinanze un’antica hacienda cafetalera, la «Isabelica», fondata all’indomani della rivolta degli schiavi di Haiti, testimonia la vita nelle piantagioni dell’Ottocento, quando Cuba era il primo esportatore mondiale di caffè.
Il Parco Desembarco del Granma. Si stende per 27.545 ettari e tutela un’area costiera caratterizzata da una serie di terrazze digradanti verso il mare. Sono il terreno ideale per chi voglia avvistare gli uccelli, ma anche per chi ricerchi fondali marini di grande suggestione.
Due sentieri attrezzati, il Morlotte-Fustete e il Guafe, consentono di esplorare i segreti del parco.
1 Commento
Meravigliosa Cuba presto verrò.