Sto osservando la forma incredibile dei faraglioni della baia di Halong dal balconcino della mia cabina, oggi è l’ultimo giorno di viaggio in Vietnam e, quasi a volerci riabituare al clima che troveremo domani in Italia, è scesa sul mare una leggera nebbiolina che ha velato il sole, rinfrescato l’aria e reso ancora più affascinante il paesaggio.
Mi ritorna in mente la perplessità sui volti dei miei compagni di viaggio, un gruppetto di affezionati clienti che periodicamente ho il piacere di accompagnare in Asia, quando qualche mese fa ho proposto il Vietnam come meta del nostro tour del 2018.
In effetti, l’immagine generalmente diffusa di questo Paese non evoca pensieri positivi in grado di stimolare di primo acchito la voglia di vacanza, subito saltano in mente la guerra con le sue brutture, uno sviluppo economico disordinato e irrispettoso dell’ambiente, una popolazione schiva e apparentemente poco accogliente.
Non è immediato comprendere ed apprezzare il Vietnam: non possiede un carattere subito riconoscibile come quello, sempre sorridente ed ospitale, dei birmani; non è straordinariamente ricoperto di una natura selvaggia ed incontaminata, come il suo dirimpettaio Laos; non vanta monumenti o attrazioni talmente eccezionali e mozzafiato da giustificare da soli un viaggio, come la cittadella di Angkor Wat in Cambogia o il Taj Mahal in India.
La bellezza del Vietnam e la sua unicità si devono scoprire giorno per giorno, percorrendo le sue campagne ed i suoi paesaggi naturali, ascoltando i racconti dei suoi abitanti, raccogliendosi in silenzio davanti ai bastoncini di incenso che bruciano nei suoi templi, gustando la varietà della sua cucina, osservando le testimonianze storiche di cui è disseminato e che ci spiegano le vicende più o meno drammatiche che lo hanno condotto nei secoli fino ad affrontare con fiducia le sfide del nuovo millennio.
Per la sua conformazione geografica lunga e stretta, il Vietnam è una meta turistica che non provoca grandi mal di testa al consulente di viaggio, l’itinerario è abbastanza definito e, da qualsiasi verso lo si incominci, comprende sempre, più o meno, le stesse tappe classiche.
La differenza tra le proposte di un catalogo e quelle di un altro consistono nel modo in cui gli itinerari vengono riempiti di contenuto e di valore, scegliendo – tra una grande quantità di servizi, attività, esperienze – quelli che più si adattano agli interessi, alle abitudini e alle caratteristiche del viaggiatore.
Il Vietnam, dal punto di vista turistico, è infatti una destinazione moderna e ben organizzata, in grado di offrire efficienti servizi ad ampio spettro, sia in termini di quantità che di qualità: non esiste luogo dove l’industria turistica locale non abbia già sfruttato ogni opportunità, ma è compito del consulente di viaggi conoscere e mescolare i vari ingredienti a disposizione per offrire al cliente un prodotto finale su misura, che incontri i suoi gusti specifici.
Personalmente, mi piace concludere l’esperienza di un tour in Vietnam con una notte in crociera nella baia di Halong: il momento migliore è la sera, quando la giunca si allontana dai punti più turistici ed affollati, si nasconde all’ombra di un isolotto, getta l’ancora e comincia a farsi cullare silenziosamente dal mare mentre il sole tramonta e la baia sempre più buia si illumina piano piano di decine di lucine delle altre giunche ormeggiate nei dintorni.
In questo ambiente ovattato, la mente si rilassa e trova il tempo di far riaffiorare i ricordi dei momenti più piacevoli appena trascorsi in viaggio.
Come la prima sera a Saigon: non è passato molto dall’atterraggio ed ecco i grattacieli con i rooftop bar illuminati, l’aria calda e profumata del Sud Est Asiatico che mi asciuga l’inverno dalle ossa e dissipa le tensioni della routine quotidiana, una bella pinta di birra artigianale all’Heart of Darkness, in mezzo alle gente del posto, ascoltando gli inconfondibili suoni nasali della loro lingua.
Aaah, bentornato in Vietnam !
Quasi nessuno chiama Saigon “Ho Chi Minh City”, ma la minuta figura con la barbetta dello “zio Ho” è evocata ovunque, questa è la metropoli dove sorge il Palazzo della Riunificazione e sembra di vederlo il carro armato nordvietnamita che sfonda il cancello a sancire la fine della guerra con gli americani.
E’ la metropoli dove, tra la cattedrale di Notre Dame costruita in mattoni rossi di Tolosa e l’edificio in stile coloniale disegnato niente di meno che da Gustave Eiffel, si insinua un fastfood McDonald con la sua bella M gialla.
E’ la metropoli che ospita il War Remnants Museum con le sue foto agghiaccianti e le carcasse degli aerei in cortile ed è la stessa metropoli che, poco distante, ospita la gelateria dove non ci sono le vaschette colme di gelato, ma i coni sono già pronti con su una pallina per essere subito gustati.
Ghiaccio tritato e frutta tropicale, che connubio delizioso! Il gelato forse l’hanno portato qui i francesi, ma la frutta è proprio fresca e a km zero, qui di certo non manca: basta fare un giro in bicicletta o in barca a remi lungo i canali del delta del fiume Mekong per accorgersene, è tutto un susseguirsi di risaie, palme da cocco, piante di banane, mango, papaya, duryan ecc.
Gustarsi una fetta di saporito ananas su uno dei barconi di Cai Rang, tagliata fresca con il machete, fa dimenticare la levataccia per ammirare uno degli ultimi genuini mercati galleggianti vietnamiti.
Hoi An, nel centro del Paese, mantiene ancora una forte vocazione commerciale: i suoi moli ed i suoi magazzini hanno accolto per secoli merci, tessuti, spezie, legnami, barili di cibi essiccati e tutto ciò che contenevano le stive delle navi di passaggio tra l’estremo oriente, la Cina, l’India e l’Europa.
Ho ancora negli occhi le botteghe decorate con lanterne di seta e carta, tutte colorate ed illuminate, o le candeline galleggianti che lasciano una scia di riflessi luminosi nel nero del fiume.
Qui sono specializzati in sartoria, ti cuciono gli abiti su misura in modo ancora artigianale, come una volta: ma se il vestito è un regalo e occorre il parere della moglie su alcuni dettagli del taglio, beh ti invitano ad usare il wi-fi del negozio e di video-chiamare per non commettere errori. Non è che a Hoi An si ritorna tutti i giorni….
Niente di meglio che un rilassante giro in campagna dopo le “fatiche” dello shopping: bastano poche pedalate di bicicletta o pochissimi minuti in minibus per trovarsi immersi nella tranquillità della vita rurale, tra orti, campi, frutteti. Non mi faccio pregare, mi infilo il tradizionale copricapo in bambù di forma conica ed eccomi a piedi nudi nella terra mentre rastrello il terreno, lo vango arricchendolo di alghe fertilizzanti, lo ricopro e posiziono delicatamente le piantine, prima di innaffiarle copiosamente, sotto gli occhi divertiti del contadino locale e del resto del gruppo.
Altro che elaborare viaggi da una scrivania, altro che scrivere racconti di viaggio sul computer: se rinasco voglio fare il contadino in Vietnam!
Ed ecco Hanoi, elegante con i suoi boulevard alberati, le passeggiate intorno ai laghi, gli austeri edifici delle istituzioni a fianco di graziose ville coloniali. A Hue la tradizione culinaria dei tempi imperiali si manifesta tuttora in piatti sofisticati, riccamente decorati per compiacere anche l’occhio oltre che il palato.
Hanoi invece è la patria dello street food, il cibo di strada che riempie le viuzze dell’Old Quarter con profumi e sapori di ogni tipo.
Come dimenticare il giro notturno della città in sella ad una Vespa, sfrecciando nel traffico con altre migliaia di motorini, biciclette, risciò!
Saluto lo zio Ho mentre alcuni soldati in divisa bianca abbassano la bandiera davanti al suo mausoleo e gli danno la buonanotte, la Vespa scala le marce ed eccoci in un ristorantino insieme alla gente del posto a gustare il Phở, la squisita zuppa agrodolce di manzo e verdura, eccoci in un posticino a pochi centimetri dai binari della ferrovia mentre brindiamo cercando di riconoscere i gusti di questi bicchierini di grappa locale, eccoci in un localino anonimo mentre ci rimettiamo in sesto con una tazza di cà phê, tra gli sguardi divertiti degli avventori.
Gustando le specialità culinarie di un popolo è più facile entrare in sintonia con la sua cultura e le sue abitudini, ed è ancora più semplice se lo si fa nei ristoranti preferiti dei locali, innaffiando le varie portate con caraffe di leggera, dissetante birra Bia Hoi.
Infine, dopo i ritmi dinamici, le luci, la folla, gli stimoli del Vietnam urbano di Hanoi, il film dei ricordi di questo viaggio si conclude con gli ultimi fotogrammi: Ninh Binh e la baia di Halong sono le propaggini della catena montuosa annamitica che si sgretolano in fantastiche conformazioni rocciose prima di scomparire nel golfo del Tonchino.
Natura e paesaggi tornano dominanti, mi piace l’idea tratta da qualche leggenda locale che i faraglioni e le grotte sulla terraferma di Tam Coc e quelli nel mare di Halong siano le scaglie della coda di un dragone, simbolo del Paese, inabissatosi qui.
Realtà e leggenda sfumano l’una nell’altra in Vietnam, qui i contrasti e le diversità tendono ad ammorbidirsi come i sapori di una birra artigianale della locale East West Brewing Co: il retrogusto dolciastro del mango si mescola con l’aroma deciso del luppolo, dando vita ad un qualcosa di unico, fresco, innovativo.
La bellezza di questo Paese è proprio da ricercare nella sua capacità di creare un equilibrio tra la modernità e la tradizione, il socialismo di Stato ed il liberismo economico, l’ateismo ufficiale, il buddismo ed il confucianesimo della gente comune, l’immobilismo del mondo rurale e la veloce corsa al benessere delle città, le atrocità subite dagli Usa in guerra e la diffusione di Starbucks, KFC e fabbriche di prodotti Nike, le minoranze etniche di montagna vestite solo con paglia ed amuleti e le tribù urbane di giovani con lo smartphone sempre in pugno, a caccia di wi-fi.
Dopo due settimane trascorse nel Paese sono lieto che il mio gruppetto di viaggiatori sia riuscito a superare le immagini un po’ stereotipate e fuorvianti sul Vietnam, che la perplessità sui loro volti si sia trasformata in soddisfazione e, mentre chiudiamo i bagagli, in un filo di nostalgia per l’imminente rientro a casa.
La nebbiolina si dirada mentre la nostra giunca scivola silenziosa verso la terraferma.
Foto e testi: Andrea Mapelli – Asia Dept. Earth Cultura e Natura
2 Commenti
Molto interessante e istruttivo.
Grande Andrea! Il tuo racconto mi ha riportata a rivivere, giorno dopo giorno, la nostra avventura.
Un viaggio straordinario come, del resto, gli altri fatti insieme!